ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di più4 febbraio, giornata dei tumori

Tumori, un quarto delle morti dovuto a bassa istruzione

Ancora oggi pagano pegno in tantissimi: chi ha un basso livello di istruzione, chi guadagna meno, chi vive nelle aree più svantaggiate del Paese, chi è costretto a spostarsi per ricevere cure migliori e a rivolgersi alla sanità privata, chi deve pagare farmaci, trattamenti e integratori di tasca propria e chi è già portatore di una disabilità

di Barbara Gobbi

Tumori per un europeo su 20, in dieci anni +41%

5' di lettura

“Colmare il divario di cura”: il tema scelto per il World Cancer Day 2024 calza perfettamente a un’Italia che si presenta all’appuntamento annuale del 4 febbraio gravata dal fardello sempre più pesante delle disuguaglianze. Che anche quando si guarda al tumore, malattia ormai cronicizzata e finalmente tutelata dalla legge sul diritto all’oblìo in vigore dal 2 gennaio (ma in attesa dei decreti attuativi che le daranno corpo), pesano drammaticamente sulle vite di milioni di persone. Pagano pegno in tantissimi: chi ha un basso livello di istruzione, chi guadagna meno, chi vive nelle aree più svantaggiate del Paese, chi è costretto a spostarsi per ricevere cure migliori e a rivolgersi alla sanità privata, chi deve pagare farmaci, trattamenti e integratori di tasca propria e chi è già portatore di una disabilità. E allora la priorità diventa, accanto alla ricerca della guarigione e di terapie capaci di cronicizzare il tumore, il contrasto delle disuguaglianze.

Un quarto delle morti associato a bassa istruzione e tossicità finanziaria

I numeri parlano chiaro: in Italia circa un quarto delle morti per cancro è riconducibile a una scarsa scolarità, cui sono correlabili secondo uno studio pubblicato sul Journal of Public Health i circa 30mila decessi che nel 2019 hanno riguardato 22.271 uomini e 7.456 donne tra i trenta e gli ottantaquattro anni. Questo essenzialmente perché un basso grado di istruzione comporta solitamente minore reddito - e quindi ridotta capacità di spesa per curarsi - e una competenza ‘fragile’ rispetto a stili di vita e prevenzione. Quando arriva la diagnosi, le difficoltà economiche dovute al fattore di rischio ‘bassa istruzione’ vanno poi a sommarsi a quelle che una diagnosi di cancro porta potenzialmente con sé: è quella tossicità finanziaria che affligge il 26% delle persone con tumore e i loro caregiver, costretti spesso a extra-spese e a rinunciare almeno parzialmente alle consuete fonti di reddito.

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Tutte le cause della tossicità finanziaria

Nel 2022 in Italia quasi 28mila persone sono state costrette ad andare a curarsi fuori Regione e questa è solo una, anche se tra le principali, fonti di tossicità: da qui nasce l’idea di un questionario per capire il fenomeno e poter meglio intervenire. “La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro – spiega il presidente Aiom (oncologi medici) Francesco Perrone -. Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e per il 22,5% questa condizione di disagio peggiora durante il trattamento. Questi ultimi, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto. Ci siamo chiesti quali fossero le cause”. Il questionario Proffit (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity), presentato da Aiom con l’Istituto superiore di sanità e composto da 16 affermazioni su cui i pazienti sono chiamati a esprimere o meno il loro assenso su temi come la qualità dell’interazione con gli operatori sanitari e la loro capacità di parlarsi e costruire una rete di accoglienza in cui il malato si senta preso in carico, o le spese che il sistema non copre, potrebbe essere una base di partenza per contrastare la tossicità economica. “Vogliamo sensibilizzare i decisori politici e gli amministratori – afferma Perrone -. Proffit è a disposizione della comunità scientifica ed è stato validato in lingua inglese per la sua applicazione anche nel Regno Unito, perché è utile in tutti i contesti in cui vi sia un sistema sanitario pubblico”.La richiesta forte che arriva da Aiom così come da associazioni come Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) e Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia), è che nessun cittadino sia lasciato indietro. “Per questo – chiosa Perrone - chiediamo più investimenti e più personale, anche per liberare i clinici dai troppi adempimenti burocratici. L’Oncologia è un cardine del Ssn, ma va sostenuta con misure strutturali”.

Risposte adeguate a una malattia ormai cronicizzata

Davanti alla cronicizzazione della malattia, sempre più si porrà il problema della sua sostenibilità sia economica che assistenziale così come della qualità di vita dei pazienti. “In Italia 4 milioni e mezzo di persone, pari circa alla popolazione della Toscana, hanno avuto una diagnosi di cancro – sottolinea Gianni Amunni, coordinatore scientifico Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (Ispro), presidente dell’associazione Periplo e direttore scientifico del Cracking Cancer Forum -. I cosiddetti casi prevalenti, coloro che hanno avuto una diagnosi della malattia, sono raddoppiati negli ultimi 20 anni, ma nello stesso arco temporale è anche aumentata la percentuale dei guariti (uno su 10) e il tempo di convivenza con la malattia, che si è cronicizzata. Siamo di fronte a dei cambiamenti epidemiologici di cui non possiamo non tener conto - continua Amunni -. La domanda di presa in carico oncologica è aumentata, anche perché si è allungata la vita e si fanno diagnosi alle persone anziane, crescono i guariti e la malattia si cronicizza. Questo richiede dei cambiamenti anche nei percorsi oncologici: per esempio è necessaria una presa in carico non solo ospedaliera ma anche territoriale dei pazienti”.

Il 40% dei casi evitabile con stili di vita sani ma ancora vince la zavorra disuguaglianze

Se la buona notizia è la possibilità per un numero sempre maggiore di persone di convivere con un tumore, il tema che si pone è quello di attivare risorse adeguate. Che non ci sono, se solo si pensa alla carenza monstre di strutture e professionisti – medici e soprattutto infermieri – sul territorio. Tanto più allora la strategia necessaria, che solleverebbe il Servizio sanitario nazionale di miliardi di costi evitabili, è giocare la carta della prevenzione sia in termini di stili di vita che di prevenzione. “Nelle prossime settimane campagne e attività concrete coinvolgeranno l’intera popolazione”, ha promesso il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia. La scommessa andava giocata anni fa e oggi non è più rinviabile: ben il 40% dei casi di tumore potrebbe essere evitato rinunciando a fumo, alcol, cibo ‘sbagliato’ e sedentarietà. Un obiettivo però ancora lontanissimo e qui torna il tema disuguaglianze: bassi livelli di reddito e istruzione incidono drasticamente sulla capacità degli individui di proteggersi sia con migliori stili di vita sia con l’aderenza agli screening di base.

In Italia nel 2023 sono state stimate quasi 400mila nuove diagnosi di tumore: un’ondata nel post pandemia, se si considera che in tre anni l’incremento è stato di 18.400 diagnosi (erano 376mila nel 2020). Segno anche che la prevenzione poco si comunica e poco si fa. Se è vero che in tredici anni, tra 2007 e 2019 in Italia sono state evitate 268,471 morti oncologiche, si stima che nei prossimi due decenni il numero assoluto annuo di nuove diagnosi in Italia crescerà dell’1,3% per anno negli uomini e dello 0,6% annuo nelle donne. Aumenteranno anche i tumori più frequenti: alla mammella nelle donne (+0,2% per anno), alla prostata negli uomini (+1% per anno), al polmone senza differenze di genere (+1,3% l’anno).

Eppure: nel biennio 2021-2022 in Italia il 24% dei 18-69enni fuma e il 17% è un ex fumatore mentre forte è l’associazione del consumo allo svantaggio sociale per reddito e istruzione; il 29% della popolazione è completamente sedentaria con un gradiente geografico a svantaggio del Sud (42%) rispetto al Nord (17%) e un dato che raggiunge il 43% nelle persone con svantaggio; il 33% degli adulti è obeso e il 10% è in sovrappeso - con picchi fino al 17% tra quanti riferiscono molte difficoltà economiche - a fronte di un misero 7% di italiani che dichiara di consumare ogni giorno le cinque porzioni di frutta e verdura raccomandate dalle linee guida internazionali. Un quadro sconfortante, tracciato dai monitoraggi condotti da Aiom, Airt, Osservatorio nazionale screening, dai programmi Passi e Passi d’Argento dell’Istituto superiore di sanità e della Siapec.Non va meglio per gli screening ‘passati’ gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale: nel 2022 si è arrivati al massimo a un’adesione del 43% per la mammografia mentre per il tumore del collo dell’utero ci si attesta su un 41% e per il colon-retto il valore nazionale è al 27% di copertura (-3% sul 2021) con appena un 12% al Sud.


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